Francesco De Nicola

La fortuna/sfortuna di Dante nei secoli

"Non è il mondan romore altro ch’un fiato di vento"

Brescia
Salone Bevilacqua
Venerdì 16 Maggio 2025 ore 20:30

Composta oltre 700 anni addietro, la Divina Commedia ha attraversato momenti di fortuna assai diversi, passando dalla condanna alla celebrazione ed è sorprendente che questa fase si sia diffusa in tutto il mondo in tempi recenti come hanno dimostrato le numerose manifestazioni svoltesi nel 2021 in occasione del settimo centenario della morte di Dante.


Le vicende politiche del poeta, condannato a morte nel 1302, avevano segnato l’avversione della sua città, Firenze, anche dopo la sua scomparsa e fu un altro grande della nostra letteratura, Giovanni Boccaccio, a rimediare a questa situazione intorno al 1355, trascrivendo il testo del poema, scrivendo la prima biografia su Dante e commentando i primi canti dell’Inferno. Altre sue biografie, però non tutte favorevoli, furono scritte nell’Umanesimo ma per la varietà degli argomenti affrontati e delle corrispondenti varie scelte linguistiche, nel Rinascimento gli fu preferito il Petrarca; né la sorte del poema, nel quale papi e cardinali sono in gran numero condannati all’inferno, fu migliore dopo la Controriforma, né le sue fantasiose situazioni imprevedibili vennero apprezzate al tempo del razionale Illuminismo. All’inizio dell’Ottocento, però, quando in Italia cominciarono a diffondersi i moti che miravano a liberarla dagli stranieri oppressori, la Commedia venne letta in chiave prerisorgimentale tanto che, costituitasi l’unità nazionale, divenne l’opera rappresentativa del nostro Paese, al quale aveva anche lasciato la sua lingua come modello. Nel Novecento la fortuna del poema dantesco si è ulteriormente ampliata, perché nei suoi episodi e personaggi sono ravvisabili situazioni proprie - nel male (il femminicidio di Francesca) e nel bene (l’esortazione di Ulisse a non vivere come bruti) - anche nei nostri tempi.

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